venerdì 20 luglio 2012

La cena in famiglia


Abitudine tutta italiana è quella di cenare in famiglia. Guai se qualcuno inizia a mangiare senza che tutti i famigliari siano radunati attorno al tavolo alla sera e guai a prendere impegni, fare ritardi o impegnarsi in altre attività durante questo rituale. Abitudine che abbiamo ereditato dall'antica Roma, dove il pater familia che tornava a casa voleva radunata attorno a sé tutti i parenti per intrattenerli con la sua giornata. Per una visione più austera del pasto dobbiamo aspettare gli inizi dell'800 quando la borghesia era la nuova aristocrazia e quindi ne apprese, ben presto, modi e costumi. Il pater familia diventa il padre austero che alla sera impartisce ordini a tutti i membri e riorganizza ruoli e attività. Una figura prioritaria che necessitava rispetto, al quale ci si doveva rivolgere alla terza persona e che stilò tutta una serie di regole da galateo: finire tutto il cibo nel piatto, non alzarsi da tavola fino alla fine della cena e non mangiare rumorosamente.


Negli anni 50 diversi sociologi trovarono un fine psicologico all'atto del cenare. Si pensava, infatti, che i giovani nati da famiglie che portavano avanti il rituale del cenare assieme, crescevano più sani e con una moralità più alta. Si pensava che un orario fisso, una consuetudine di azioni e regole a conduzione famigliare permettesse ai bambini di non prendere strade sbagliate, non cadere nell'illegalità e non di garantirgli maggior successo negli studi. Anche se ad oggi a noi ci sembra quasi assurdo, anche perchè ci resta difficile immaginare un genio come Caravaggio dire una preghiera tra mamma e papà prima di consumare la cena, fino a qualche decina d'anni fa era la norma. Basti pensare alle famiglie italiane degli anni '60 che impedivano ai figli di andare in cortile fino a tarda sera per dare l'impressione di parentado benestante, ovvero con tanto da mangiare a cena. In ogni caso i nuovi tempi moderni (orari di lavoro fino a tardi, turni festivi ecc), i nuovi assetti famigliari (genitori separati, figli single ecc) e le nuove abitudini alimentari (aperitivi, brench ecc) hanno sconvolto la regola ma senza portarne gravi conseguenze: finalmente siamo riusciti a dimostrare che cenare in famiglia non è sinonimo di crescita sana ma, anzi, pare che le nuove generazioni siano più libere di pensiero e maturino prima.


Interessante notare anche un'altra abitudine che accomuna tutti noi italiani: terminare la cena con un dessert. Dal nord a sud ognuno al suo prediletto, quello stagionale e quello in base all'evenienza; ma sempre da nord a sud quello più consumato resta il Tiramisù. Dolce veneto che quest'anno compie 50 anni, quindi abbastanza giovane (compare nel dizionario italiano nel 1980 e nei ricettari dal 1970). Ricetta molto semplice che ricorda un misto fra la Charlotte e la Bavarese, che sostituisce il burro e la panna al mascarpone e alla moka. Il nome deriva dal veneto taramesu, poi italianizzato in tiramisù, per le sue doti afrodisiache ed i suoi principi nutrizionali in grado di energizzare e dare carica. Bhe tanti auguri Tiramisù!

2 commenti:

  1. Come mi ci garbino queste cosine storiche che ci racconti!!!questa cosa del TAREMESU, poi!!!E' uno dei miei dolci preferiti e tra quelli che mi vengono meglio!!!Mi hai APERTO UN MONDO SUL FATTO CHE IL NOME DERIVI DA PROPRIETA' AFRODISIACHE!!*.*

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  2. Tutte ironicamente ci avevamo già pensato,....n'evvero?????

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